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Autore: Francesca Bolchini

DEPRESSIONE POST-PARTUM: quando l’arrivo di un bebè non è come ci si aspetta

Se oggi vi chiedessero di descrivere una donna che ha appena avuto un bambino, cosa sta vivendo e come si sente, che cosa rispondereste?

Basandoci su quella che è l’immagine che i social ci trasmettono, diremmo sicuramente che una neo mamma è la donna più realizzata del pianeta: vive in un mondo quasi incantato, fatto di ninna nanne, allattamento sereno e naturale, una casa in ordine, luminosa e splendente, un bambino che dorme pacifico nella sua culla e un marito attento, premuroso e presente che condivide con la donna le gioie dell’essere diventato genitore.

Si perché nella società occidentale gravidanza e maternità sono considerati periodi di gioia e serenità: l’arrivo di un bebè è sinonimo di felicità ed è un’occasione di festa, un momento spesso tanto atteso, ricercato e desiderato da entrambi i partner.

Eppure, secondo gli ultimi dati ISTAT (2016) si stima che circa il 10-15% delle donne che partoriscono soffrono di ciò che è denominata DEPRESSIONE POST-PARTUM o depressione post-natale.

Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

I criteri diagnostici indicati sia dal DSM-IV[1] sia dall’ICD-10[2] sono gli stessi del disturbo depressivo maggiore:

  • umore depresso
  • perdita di piacere e interesse
  • cambiamenti nell’appetito
  • disturbi del sonno
  • agitazione, irrequietezza/rallentamento, riduzione dell’energia, facile stanchezza e spossatezza
  • senso di valere poco
  • senso di colpa eccessivo
  • difficoltà di concentrazione, incapacità di pensare lucidamente
  • pensieri ricorrenti che non vale la pena di vivere o pensieri di morte e suicidio

Si parla di Depressione Post-Partum se l’insorgenza del disturbo avviene entro le prime 4-6 settimane dopo il parto.

Baby Blues

Va quindi distinta da quella che Donald Winnicott ha definito come “baby blues” o “maternity blues”, uno stato malinconico, caratterizzato da tristezza, irritabilità, inquietudine e insonnia, che raggiunge il picco 3-4 giorni dopo il parto e tende a svanire generalmente entro i primi 10-15 giorni di vita del bambino. È una condizione che quasi il 70% delle neo-mamme esperisce e che è causato dal drastico cambiamento ormonale (crollo degli estrogeni e del progesterone) successivo al parto e dalla spossatezza fisica e mentale dovuta al travaglio e al parto stesso. Nella maggior parte dei casi, parlarne con il partner o un familiare è sufficiente a risolvere il problema e a far scomparire velocemente questo stato d’animo.

La depressione post-partum

Al contrario, quando parliamo di depressione post-partum, intendiamo una patologia più grave e invasiva, spesso non riconosciuta o individuata dalle persone che stanno accanto alla neo-mamma e della quale è difficile parlare.

Fra le cause che contribuiscono all’insorgere della DPP possiamo individuare:

  • Cambiamenti nello stile di vita della neo-mamma e dell’intero nucleo familiare, che ora ruotano completamente intorno alla cura e al benessere del nuovo arrivato
  • Allattamento, spesso difficile da avviare e da gestire, soprattutto laddove manca una rete di sostegno intorno alla neo-mamma
  • Problemi e difficoltà col partner, sia precedenti al parto sia successive
  • Aspettative sociali legate alla maternità alle quali è molto difficile corrispondere
  • Nuovo ruolo nella famiglia nucleare e in quelle d’origine e nuovi equilibri che devono essere trovati
  • Senso di responsabilità elevato nei confronti del bebè
  • Paura di non essere all’altezza
  • Cambiamento di ruolo (da donna-moglie a donna-moglie-mamma)
  • Modificazioni del corpo, che dopo essersi adattato ad accogliere un bambino, ora richiede tempo per tornare come era
  • Sensazione di solitudine

Quando rivolgersi a un professionista?

Quando insorge la Depressione post-partum, è importante non sottovalutarne i sintomi e non aver paura di chiedere aiuto. Il ricorso a uno specialista si rivela determinante se i sintomi sono di entità allarmante o comunque se persistono per più di due settimane, se si ha la sensazione di poter fare del male a sé stesse o al proprio bambino e se i sintomi di ansietà, paura e panico si manifestano con grande frequenza nell’arco della giornata.

Come numerose evidenze empiriche sottolineano, la psicoterapia e, se necessario, un trattamento farmacologico, possono rivelarsi utili ed efficaci ad affrontare il problema, a ridurre i sintomi più importanti e a superare il momento critico.

1 DSM (sigla dell’ingl. Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali .
2 La classificazione ICD (dall’inglese International Classification of Diseases; in particolare, International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death) è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO).

 

 

 

 

 

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